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RIASSUNTO
12. Juni 2002
 

Renato Ghiotto: Scacco alla regina

Con "Scacco alla regina”, Renato Ghiotto, un autore di cui non si sa tanto, ha scritto un libro straordinario.

Viene raccontata la strana relazione tra due donne, Margaret (una star del cinema) e Silvia, che entra al servizio della famosa attrice. In centinaia di passi viene descritta la metamorfosi del rapporto, in cui Silvia inizia da domestica e finisce schiava, ma anche amica! Non esistono uomini in questa costellazione, se non alla periferia come strumento di potere e nella fantasia erotica delle due. Le due rivivono la storia dell’umanità dalla schiavitù all’emancipazione, dal dispotismo alla rivoluzione. Due donne scandagliano gli estremi della femminilità, fino all’infamia. Sono rivali, nemiche mortali ed amanti, si odiano e si amano, si comportano come parassita e ospite, insomma dipendono l'una dall'altra: "…nella mia giornata c’è solo lei. Tanto che ormai non mi ricordo di come vivevo quando lei non c’era; eppure lo so che il nostro non è un rapporto affettivo, e nemmeno una forma di simbiosi. A volte penso che lei è una pianta parassita, che mi sta avviluppando, e io non faccio niente per liberarmi, anzi mi piego perché mi avvolga meglio” (47f.).

Motivi di paura e di timore, di seduzione e violenza, intrigo e tradimento ma anche fiducia e abbandono si alternano e si mescolano. Alla fine Silvia si è sottomessa completamente per raggiungere la libertà assoluta. "Non esisto più come persona e perciò sono libera: non ho doveri né responsabilità, sono sola al mondo” (255). C’è solo lo "specchio-dio”. La felicità alla fin fine si ottiene nella sottomissione totale, nel divenire un animale, nell’animalizzarsi, come un cavallo oppure un cane. Quanto più basso è un essere nell’organizzazione biologica, tanto più è vicino alla beatitudine.

Questo libro è unico, anche se non è solo. Paragonato con i suoi predecessori di Kafka, Musil, Svevo, Camus, Sartre, Golding, Brontë, de Laclos, soprattutto di de Sade e Sacher-Masoch – è passato quasi inosservato, in ogni caso presto dimenticato. Il romanzo probabilmente avrebbe avuto un gran successo, se fosse stato pubblicato nel 1967 in Francia, invece che in Italia. Quasi tutti i concetti centrali del discorso postmoderno e poststrutturalistico si trovano accennati nel libro, già quando il movimento postmoderno era appena all’inizio (rappresentato da pensatori eminenti come Foucault, Derrida, Deleuze, Lyotard, Lacan, Levinas …): desiderio, differenza, estensione, piega, feticcio, prigione, viso, pelle, manicomio, corpo, voluttà, potere, superficie, realtà e apparenza, vergogna, specchio, preoccupazione per se, seduzione, perdita della trascendenza, l’altro e così via.

Il titolo però contiene una sorpresa: "Scacco alla regina”. Non può essere un caso, visto che l’autore sa scegliere le sue parole con la massima cautela. Si potrebbe considerare la metafora di un errore oppure di un inganno intenzionale, se non si trovasse una volta sola – i buoni libri spesso esprimono un concetto importante solo una volta, accennandolo appena – la menzione degli scacchi. Quando Silvia va a letto con l’amante di Margaret – di fronte allo specchio -, l’affronto funziona come un atto comunicativo tra le due donne, e non tra l’uomo e la donna. Agli occhi di Silvia è la mossa finale (ma si sbaglia…): "Com’è priva d’economia la realtà; preferirei una mossa pulita, come agli scacchi, una comunicazione a Margaret: ‘è pregata di supporre che quei due vadano a letto assieme; si comporti come se il fatto fosse già avvenuto’. Un procedimento civile, spassionato, quello dei cavalieri che si sfidavano dicendo all’avversario di considerarsi schiaffeggiato” (331). Queste parole esprimono il desiderio di bellezza astratta e sobrietà, di chiarezza ed economia dei rapporti, come possibilmente si trovano negli scacchi. Però, la realtà non é cosi. Scacco alla regina – così lei (la narratrice) chiama tutta la faccenda. Gli scacchi allora ovviamente sembrano la soluzione ideale per lei e per l’autore per caratterizzare questa situazione assurda. In effetti, Silvia considera l’infame relazione come un gioco, anzi una partita, una partita fra due avversari disuguali pero d’ugual valore. Alla fine non è affatto chiaro quale regina dia lo scaccomatto.

C’è anche il potere dello schiavo, il potere del debole, il potere della passività. Ci sono motivi forti per considerare il padrone come "schiavo” dello schiavo. Proprio li sta la soddisfazione di giocare quella partita reale, in cui tutto si rischia, tutto è in gioco.

(Renato Ghiotto: Scacco alla regina. Milano 1967. Rizzoli Editore)

 

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